Pubblichiamo il numero di luglio
di "Radicati nella fede".
di "Radicati nella fede".
Editoriale di "Radicati nella fede" [anno VI, luglio 2013, n° 7]
Il mio cuore sanguina.
Quando si parla di “continuità” nella Chiesa tra prima del
Concilio Vaticano II e dopo il Concilio Vaticano II, non si arriva mai a
spiegare nel concreto, dentro le cose, come si mostra questa continuità. Certo,
si tratta sempre della Santa Madre Chiesa, sia prima che dopo il Concilio, ma
in quello che nella Chiesa di oggi si dice e si fa, appare questa continuità? È
proprio difficile dimostrarlo.
Prendiamo un tema
specifico, quello della “missione”: si può dire che la missione, dopo il
Concilio, sia intesa e vissuta come durante i primi diciannove secoli di storia
della Chiesa? Provate in una classe di scuola ad introdurre il tema con i
ragazzi, che ancora frequentano il catechismo delle parrocchie, chiedendo loro
cos'è la missione: vi diranno che è andare ad aiutare i poveri del terzo mondo.
Da dove prendono questa risposta? Dal nuovo vissuto e dalla nuova coscienza di
missione, che sono radicalmente cambiati nel Cattolicesimo: di fatto i fedeli,
quando si parla di missione, non intendono più quello che la Chiesa ha inteso
in tutta la sua storia.
E anche quando
qualcuno non scadrà nella banalità generale di scambiare la missione cristiana
con la filantropia, con l'aiutare semplicemente i poveri, vi parlerà di
cristianizzazione o di evangelizzazione, ma non in modo drammatico,
dimenticando che è in gioco la salvezza delle anime!: è ormai così... prima
mettiamo avanti la libertà di coscienza, quello che l'uomo vuole o decide, poi
se c'è spazio parliamo anche di Nostro Signore Gesù Cristo... affrettandoci
però a dire che l'importante è “credere in qualcosa” e che “tutti si salvano
seguendo la loro religione o il loro agnosticismo”, che “Cristo è proposto ma
non imposto”... insomma mettiamo l'uomo prima di Dio: e questa la chiamiamo
continuità tra prima e dopo il Concilio? Beh, ci vuole del coraggio ad
affermarlo.
Basta leggere la vita
dei santi, il loro zelo perché Cristo sia conosciuto e amato, per avvertire che
qualcosa di tragicamente grave è accaduto nel Cattolicesimo.
Ne volete un esempio?
Lo prendiamo dalle lettere di un grande monaco cistercense, Dom Jean-Baptiste
Chautard, abate di Sept-Fond (1858-1935), autore tra l'altro di uno dei testi fondamentali
della spiritualità moderna, “L'anima di ogni apostolato”. Sentite cosa scrive
durante un viaggio in Cina e Giappone, per andare a visitare i giovani
monasteri cistercensi là fondati:
“Davanti ai 400 milioni di pagani cinesi e ai 60 milioni di pagani
giapponesi che non conoscono Nostro Signore, il mio cuore sanguina”, e aggiunge
rivolto ai suoi monaci di Francia “vorrei che anche il vostro cuore
sanguinasse. E nel concreto troverete in questo dolore uno stimolo per essere
più vigilanti, più uniti a Dio, più generosi nel vostro amore per Gesù e per le
anime ch'Egli vuole innestare nella sua Umanità santa, a condizione che noi non
ci sottraiamo dall'offrire ciò che manca alla sua Passione”.
In un ritiro
predicato nella festa del Preziosissimo Sangue, scongiura i suoi monaci a
lasciarsi prendere come lui dall'amore per le anime. Al fine di sottolineare
più fortemente il suo pensiero, dom Chautard fa un esempio interessante:
“Nei paesi d'Oriente,
nel corso del grande caldo, delle nuvole a volte si formano. Il cielo coperto e
basso sembra promettere una pioggia benefica. Speranza vana! Le nuvole non
arrivano a risolversi in pioggia, e presto il cielo riprende la sua implacabile
serenità.
Così nell'universo
delle anime, sopra le terre pagane, planano delle nuvole cariche di sangue
divino. Ma queste nuvole non si risolvono in pioggia benefica, perché manca
qualcosa: la nostra cooperazione attraverso la preghiera e i sacrifici. Dio
vuole la nostra collaborazione. Se dunque le nuvole restano in sospeso, noi ne
siamo responsabili in una certa misura”.
Dom Chautard parlava
ai monaci, ma parla ben anche a noi.
Che coscienza chiara della missione!
Innanzitutto è chiaro
quando parla di “pagani che non conoscono Nostro Signore”! Possiamo dire che
oggi, nella Chiesa, ci si esprime ancora così? E se non ci si esprime così,
possiamo parlare di continuità tra la Chiesa di prima e quella di oggi?
Proprio oggi, quando
il lavoro è di dire che i pagani non esistono più?
Proprio oggi noi
perdiamo il senso della missione, mentre siamo invasi dai pagani che da terre
lontane vengono a noi. Chi oserebbe ancora dire “il mio cuore sanguina” perché
non conoscono Gesù Cristo e “vorrei che anche il vostro cuore sanguinasse”? E
mentre non ci preoccupiamo dei pagani che arrivano, siamo castigati nel
registrare il paganesimo in tante nostre case, nelle quali si vive come se Dio
non ci fosse. E ricordiamoci che è in gioco la salvezza eterna!: “...chi
crederà e sarà battezzato sarà salvo...” (Mc 16,16).
Carissimi, stiamo in
continuità con la Chiesa di sempre, con i cristiani di sempre, con i santi di
sempre, il cui cuore sanguina perché Cristo non è conosciuto.
Domandiamo la grazia
che anche il nostro cuore sanguini, e che non si addormenti in quel
cristianesimo contraffatto che ha cambiato il contenuto della parola
“missione”.
Stiamo attenti a
quelli che affrettatamente vogliono convincersi che nulla è cambiato nella
Chiesa e che è solo questione di sensibilità: no, sulla missione è cambiato
praticamente tutto. E non solo su di essa.
E allora preghiamo
perché Nostro Signore sia conosciuto dalla massa enorme di pagani del nostro
tempo, perché molti si convertano a Lui e siano salvi. Cooperiamo con la
preghiera e il sacrificio, perché la nuvola del Sangue divino, sulle nostre
terre e su quelle lontane, si risolva in benefica pioggia.