QUARTA GIORNATA DELLA TRADIZIONE
"L'INVERNO DELLA CHIESA"
Domenica 19 Gennaio 2014
Verbania, Chiostro Hotel
Sul significato di questa
giornata,
e sulla situazione attuale della Chiesa
pubblichiamo (fonte: Riscossa Cristiana)
un'intervista a Don Alberto Secci.
1. È sempre più evidente, anche
in virtù della celebrazione della Santa Messa (rito antico e rito
moderno), che esistono due modi di vivere la religione cattolica:
sacerdoti e fedeli che si rifanno agli insegnamenti che hanno subito
la rivoluzione moderna ed altri che rimangono saldi agli insegnamenti
e ai principi della Tradizione della Chiesa, come sarà possibile,
secondo Lei, risolvere un giorno tale dicotomia?
Occorre che chi ha avuto la
grazia di capire, di cogliere questa dicotomia terribile, decida di
fronte a Dio di vivere integralmente il cattolicesimo secondo la
Tradizione. Questo è il punto. Non c’è nulla di astratto nel
Cristianesimo. Lo ha detto lei: “in virtù della celebrazione della
Messa in rito antico” dei fedeli rimangono saldi agli insegnamenti
e ai principi della Tradizione della Chiesa; direi io, rimangono
Cattolici semplicemente; i fedeli che hanno subito la rivoluzione,
invece, hanno solo una vaga ispirazione cristiana nel migliore
dei casi. Per la verità lei ha detto “ anche in virtù della
Messa”, io mi permetto di togliere quell’ “anche”, in che
senso? Non nel senso che c’è solo la Messa, perché ci sono,
insieme alla Messa, tutta la dottrina e tutto l’apostolato; ma nel
senso che la vita Cattolica è la trasmissione della Grazia che
accade principalmente nella linea sacramentale, quindi al centro la
Messa, e la Messa con il rito non ambiguo. Per questo, chi ha avuto
la grazia di capire la situazione drammatica, non può barattare
questa coscienza con una tranquillità personale: occorre eleggere un
luogo di Messa tradizionale e farlo diventare il luogo integrale di
educazione alla fede nel senso pieno e non solo intellettualistico.
Piccoli centri di vita semplicemente cattolica, umilissimi ma
grandissimi per la grazia che portano, saranno la soluzione, quando
Dio vorrà. A noi il decidere di stare in un cammino di grazia, e per
questo tradizionale, amando la Chiesa nella sua passione; a Dio la
risoluzione di questo mistero di sofferenza. Ma in Dio tutto
ciò è già risolto. Dobbiamo avere una preoccupazione amorevole per
la Chiesa, e non una preoccupazione “politica”.
2. La «Giornata della Tradizione»
di Verbania, che si svolgerà il prossimo 19 gennaio 2014, giunge
alla sua quarta edizione, ci potrebbe spiegare di che cosa si tratta
e come è nata questa iniziativa?
Semplicemente si tratta di
una Domenica pomeriggio vissuta nella riflessione su un tema
dottrinale scottante; giornata che termina con la celebrazione della
Santa Messa cantata. Vede, da anni don Stefano ed io, con i fedeli
delle nostre chiese, portiamo avanti un lavoro serio di dottrina
cristiana. All’inizio erano incontri settimanali, oggi sono
quindicinali. Insistiamo molto su questo. E’ così grande la
confusione che regna in mezzo ai cattolici, che non possiamo
immaginare di starne fuori semplicemente perché amiamo la
Tradizione. Occorre conoscere il Cristianesimo, la storia della
Chiesa, i grandi maestri spirituali. È così bello il cristianesimo,
è così grande l’opera di Dio: come facciamo a non desiderare di
conoscerla sempre di più? Temo molto quei fedeli che continuano a
girare da una chiesa all’altra, cercando qualcosa di sempre più
tradizionale, ma non desiderano essere guidati dottrinalmente e
spiritualmente …presto o tardi assumeranno di nuovo la mentalità
mondana, così non cattolica: mi è capitato di incontrare alcune
persone attaccate alle forme antiche dei riti, ma liberali nei
giudizi e nei criteri di azione. La Verità della fede deve diventare
subito criterio di giudizio e di azione. Per partecipare a più
persone questo lavoro, che per noi continua tutto l’anno, abbiamo
pensato alla giornata della tradizione: è semplicemente una Giornata
di Dottrina Cattolica, dove si incontrano tanti volti di amici e
qualche volto nuovo.
3. La vita di montagna, come la
vita di campagna, rispetto a quella di città, aiutano a comprendere
meglio la Tradizione? In che termini?
No. Oggi il disastro è
globale. Non è la montagna in sé che aiuta, ma il saper guardare il
mondo con uno sguardo mistico, cioè veramente cattolico. Allora
montagna o pianura, piccolo paese o metropoli sono la stessa cosa.
Anzi, qualora ci fosse un prete deciso nel dare la vita obbedendo
alla grazia ricevuta, ebbene, la città è sicuramente migliore.
Detto questo, devo confessare che la solitudine della montagna, che
ha per tutti bellezza e dolore insieme, l’ho sempre amata e ho
imparato ad amarla sempre di più. Comunque, per me, il luogo dove
vivere è obbedienza a Dio, attraverso le circostanze, prima
l’appello dei fedeli; non sono io che scelgo, non l’ho mai fatto.
4. Perché, all’interno dei
dibattiti e dei confronti di carattere religioso, gli unici ad essere
tenuti distanti sono proprio coloro che vogliono vivere seriamente il
Credo di Santa Romana Chiesa?
In ogni dittatura bisogna
censurare il passato. Nessuno deve sapere come era una volta, prima
della dittatura che pretende di dare vita nuova al mondo. E le
dittature dei “liberali” sono le peggiori. Quando lo schema
dittatoriale entra nella Chiesa, la censura del passato viene
addirittura dogmatizzata: “oggi la Chiesa ha una nuova coscienza,
non potete tornare alle cose di una volta, anche se erano sante oggi
non lo sono più, perché la coscienza della Chiesa fa la verità
nell’oggi”, così mi sembra ragionino quasi tutti oggi. E questo
è terribile. E’ la via più veloce per distruggere la Chiesa, come
vediamo. Questi hanno accesso pressoché a tutti i mezzi di
comunicazione, perché sono utili a “intrattenere”, fanno
salotto, non si scontrano con il neo-paganesimo, parlano e parlano e
nulla più.
Ma basta che un bambino
gridi che il re è nudo, che l’incantesimo della censura sul
passato, in un istante, crolli. Allora, da parte nostra, meno
“lagne” e più lavoro per fare il cristianesimo, secondo la
responsabilità che oggettivamente Dio ha dato a ciascuno. Non c’è
tempo da perdere: fai tutto quello che dipende da te perché la
Chiesa sia più Cattolica e il mondo più Cristiano.
5. Che cosa reputa, oggi,
maggiormente in crisi nella Chiesa?
Il Sacerdozio. Con il
Cristianesimo “ammodernato” non può stare in piedi, perché
nella nuova religione il sacerdozio non ha più senso. È la
terribile consumazione del Protestantesimo a casa nostra, cioè
dentro il Cattolicesimo.
6. Che cosa può insegnare la
Tradizione alla Chiesa del nostro tempo?
Semplicemente il
Cristianesimo, non deve fare altro. Il Cristianesimo non ridotto a
qualcosa di quaggiù, come fa il Naturalismo imperante, il
Cristianesimo fatto dalla Grazia di Dio. Il Cristianesimo che non si
vergogna della Croce e quindi punta sulla Grazia. Il Cristianesimo
che sa che la grazia è efficace e che quando incontra l’adesione
dell’uomo produce una civiltà che non ha pari nella storia. La
Tradizione insegna alla Chiesa che il Cristianesimo, per salvare
molte anime, produce la Cristianità, cioè la società cristiana:
ecco, la Chiesa di oggi, se vuol bene alle anime, deve smetterla di
vergognarsi della Cristianità.
7. Che cosa può insegnare la
Tradizione al patologico mondo contemporaneo, fatto di famiglie
malate, di politiche malate, di culture-ideologie contrarie al
diritto naturale e che non possiedono più riferimenti certi?
La Tradizione ricorda a
tutti che non si può far finta che non ci sia il Peccato Originale,
quando si parla dell’uomo e della società. L’uomo non può
salvarsi da solo, ha bisogno assoluto di Cristo, ha bisogno della
Grazia. Non esiste un uomo sano senza la grazia che viene da Dio.
E ricorda che la grazia di
Dio, la grazia che Cristo ci comunica dalla Croce e che passa
ordinariamente attraverso i sacramenti, può tutto. Allora non c’è
nulla che possa impedire la santità, se l’uomo non la rifiuta. La
Tradizione è il luogo più accogliente che esista, perché vive del
primato della vita soprannaturale e dove c’è Dio tutto si
ricompone nell’ordine.
8. Perché una persona
“tradizionale” dovrebbe vivere meglio di una persona “moderna”?
Perché non poggia la vita
su di sé, ma su Dio. Occorre vivere sempre cercando la grazia di
Dio, gioiosi di compiere tutto per la sua Gloria. La Tradizione è un
cammino di semplicità: Dio è tutto, e allora vivo per Lui. Vivere
come i monaci più veri, come San Benedetto, perché il monaco è
semplicemente il Cristiano.
9. Di fronte a tanti individui che
annaspano nelle fatiche quotidiane e consumano i loro giorni negli
affanni di un’esistenza senza senso, con domande che non trovano
riposte, potrebbe indicare qual è la bellezza della vita e qual è
la bellezza della morte?
La vita e la morte
diventano belle se riconosci e vivi l’appartenenza che ti
costituisce: tu sei di Dio e tutta la vita si risolve nel vivere
dentro questo legame. E in Dio, in Nostro Signore Gesù Cristo, ti
accorgi con stupore che tutto si tiene: scopri la profonda unità di
tutto. La vita assume una coscienza profondissima e semplicissima,
diventa sapienza.
Ma questo non si dà senza la Chiesa; ma la Chiesa
non è un’appartenenza sociale orizzontale, la Chiesa è legame con
Cristo, cioè Tradizione. E’ Tradizione perché quel legame con il
Signore Gesù, attraverso gli apostoli, è ininterrotto e passa
attraverso la certezza del sacramento. C’è qualcosa di più
sconvolgentemente bello di questo? Tutto, in questo legame di grazia
con Cristo, legame che è anche storico, trova il suo posto. Nulla è
inutile. Se uno vuol vivere fuori da questo che è il disegno di Dio
troverà solo pena e in ultimo morte. Ma Dio ci vuole dentro questa
bellezza che è Lui.
LA LOCANDINA CON IL PROGRAMMA
Recensione del libro di Cristina Siccardi:
"L'inverno della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II
I mutamenti e le cause"
Sugarco Edizioni
[Estratto di un articolo di Piero Vassallo (Fonte: Riscossa Cristiana)]
“Da alcune descrizioni si
ha l’impressione che dopo il Vaticano II tutto sia cambiato e tutto
quanto lo precede non sia più valido o lo sia solo alla luce del
Vaticano II. … Ci domandiamo se la Chiesa di oggi sia davvero
ancora la Chiesa di ieri, oppure se sotto di essa non sia stata fatta
scivolare un’altra Chiesa, senza nemmeno chiederglielo” (Card.
Joseph Ratzinger)
Cristina Siccardi è autrice di
un avvincente, documentato e sempre equilibrato saggio sulle cause
nascoste della crisi cattolica in atto. Eloquente titolo della
pregevole opera della nota studiosa torinese è “L’inverno
della Chiesa dopo il Vaticano II“. Il libro di Siccardi, si
segnala e si raccomanda per l’eccezionale volume e varietà delle
fonti.
Secondo il condivisibile
giudizio dell’autrice, il contributo decisivo all’identificazione
delle cause dell’inverno calato sulla Chiesa cattolica fu
conferito dal padre domenicano Roger-Thomas Calmel (1914-1975),
autore di un fondamentale saggio, “Teologia della storia“,
pubblicato tempestivamente nel 1965, anno della chiusura del Vaticano
II. Padre Calmel ruppe il silenzio attonito e impaurito dei cardinali
e dei vescovi, i quali (uniche eccezioni Ottaviani e Ruffini) udirono
il suono sgradevole della disarmonia squillante nell’aula del
Vaticano II, ma tacquero, per pusillanimità, per malintesa devozione
al papato o per nascosta e alta ambizione. Indirizzata dalla teologia
di padre Calmel, Siccardi risale alla vera causa del disorientamento
clericale: la trionfante ideologia liberale.
Siccardi conclude auspicando un
cattolicesimo capace di contrastare l’errore, che intossica la
società liberale/libertina: “I cattolici dovrebbero essere più
pronti, più attenti e più dinamici nel combattere gli errori e le
aberrazioni del mondo laicista, radicale e dissacrante; dovrebbero
essere più onesti e più coerenti con se stessi, con i loro fratelli
in Cristo, dei quali sono in qualche modo responsabili e,
soprattutto, di fronte all’Onnipotente: c’è un mondo che profana
e calpestai diritti di Dio … si fa tanto rumore per reclamare i
propri diritti, reali o presunti, e poi si ignorano quelli più
essenziali, perché appartengono alla vita eterna”.