Pubblichiamo il numero di Marzo 2014
di "Radicati nella fede"
Hanno chiuso il Cielo
Hanno chiuso il Cielo
Hanno chiuso il Cielo
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VII n° 3 - Marzo 2014
È la liturgia che si deve adattare al tempo degli uomini, o è
il tempo degli uomini che deve prendere la forma della liturgia
cattolica?
Ci sembra che la questione cruciale sia tutta qui.
Un cristianesimo “modernistico” che vede le verità di fede
emergere dal profondo della coscienza degli uomini, vorrebbe che la
liturgia prendesse le mosse dal vissuto antropologico, dalla vita
degli uomini, per celebrare la consapevolezza umana del proprio
rapporto con Dio. In fondo è stata questa la linea vincente di
questi anni: la liturgia ha sempre di più celebrato l'uomo, anche
quando ha celebrato la fede dell'uomo. Insomma, la liturgia si è
adattata alla vita del tempo. Risultato? Una tragedia! Dio e le cose
eterne praticamente scomparse dalle chiese, per far posto alla fede
dei credenti, che esprimono, commentano, interpretano quello che loro
vivono nei confronti di Dio. La liturgia riformata parla nel migliore
dei casi della Chiesa, ma quasi mai di Dio. E quando parla della
Chiesa, lo fa più secondo l'ottica di “Popolo di Dio in cammino”
che come “Corpo Mistico di Cristo”.
E guardate che non stiamo parlando di quelle sfacciate
para-liturgie tutte sociali e umanamente impegnate dei
catto-comunisti degli anni '70... parliamo piuttosto di quelle
liturgie, di quelle messe, che oggi vanno per la maggiore
nell'ufficialità delle diocesi, dove si parla di fede, di comunità
credente, di popolo attorno al suo vescovo; di liturgie che celebrano
questa comunità, ma nelle quali non si adora Dio presente e non ci
si inabissa nel mistero della redenzione. È una sorta di
neomodernismo liturgico che ha superato la tentazione marxista del
solo impegno del mondo, ma che parlando di fede si sofferma sui
credenti, ma non arriva mai a Dio, a Nostro Signore, alle verità
eterne, alla questione della salvezza. È come se ci si fosse accorti
che non si poteva andare avanti, come anni fa, in un cristianesimo
orizzontale, e si è così approdati all'impegno sociale ecclesiale,
per edificare la comunità dei credenti. In ogni caso l'errore è
sempre lo stesso: partire dall'uomo e chiudere il Cielo.
Ma l'uomo ha proprio bisogno di questa auto-celebrazione della
propria fede, o non è fatto piuttosto per inabissarsi in Dio?
No, la liturgia cattolica è cosa totalmente diversa: è
l'irruzione del Cielo sulla terra ed è la porta aperta tra il Cielo
e la terra!
Se volete tentiamo di dare due eloquenti immagini contrapposte,
che dicono due concezioni diverse, molto diverse del culto: quella di
un semplice prete che in una delle tante chiese sparse nell'orbe
cattolico celebra, nella quiete della preghiera, rivolto al
Crocifisso, l'eterno sacrificio che salva le anime, assistito dalla
orante e adorante attenzione dei fedeli, e quella di una rumorosa e
festosa comunità, che andando alla messa è preoccupata di “fare
comunità esprimendo i propri carismi” (in verità facendo qualcosa
perché nelle nuove messe mal si sopporta lo stare fermi) e di
mettersi al passo con le direttive dell'operatore pastorale... e che
in ultimo farà certo anche la comunione. Sono due concezioni
opposte, inconciliabili. Una, quella tradizionale, fa spazio
all'azione di Dio, l'altra si sofferma... ma forse, osiamo dire, si
ferma all'azione della comunità!
Vedete, le verità di fede non nascono dalla coscienza profonda
degli uomini, dal vissuto della comunità che reinterpreta il proprio
vissuto alla luce di Dio, ma sono comunicate dalla reale rivelazione
di Dio che la Chiesa custodisce e trasmette: la rivelazione discende
dal Cielo, non germoglia dalla terra come vorrebbero i modernisti.
Così la liturgia porta il Cielo in terra e porta la terra al Cielo.
É azione di Dio innanzitutto, e non primariamente azione della
Chiesa. La Chiesa riceve l'azione di Dio, la custodisce, la esprime
utilizzando certamente tutte le possibilità umane adeguate;
salvaguardia la liturgia dalle modifiche errate che possono
confondere l'opera di Dio e la trasmette fedelmente custodendola,
perché il Cielo resti aperto sugli uomini.
Tutti, praticamente tutti, quando si parla di Movimento Liturgico
amano rifarsi a dom Guéranger, il grande abate benedettino che
rifondò il monachesimo in Francia dopo la tempesta rivoluzionaria.
Con lui si dà inizio al Movimento Liturgico, cioè a quella
rinascita dello spirito cristiano che dalla liturgia prende le mosse.
Autore prolifico, pensiamo all'Anno Liturgico da lui
pubblicato ma non solo, partecipe di tutti i drammi e le battaglie
della Chiesa del XIX secolo, ascoltato consigliere di Pio IX...
fondatore dell'abbazia di Solesmes.
Ma cosa voleva veramente dom Guéranger? E cosa chiedeva San Pio
X, riprendendo con autorevolezza il lavoro del grande benedettino e
dando così nuovo vigore proprio al Movimento Liturgico? Volevano che
il popolo avesse l'intelligenza delle cose divine (che capisse la
liturgia della Chiesa), perché queste penetrassero di nuovo la vita
del popolo cristiano. Volevano una grande opera di educazione perché
le cose del Cielo tornassero a dare forma alla vita degli uomini.
Ma citiamo dom Guéranger: “I misteri del grande sacrificio,
dei sacramenti, dei sacramentali, le fasi del ciclo cristiano così
feconde in grazia e in luce, le cerimonie, questa lingua sublime che
la Chiesa parla a Dio davanti agli uomini; in una parola tutte queste
meraviglie torneranno familiari al popolo fedele. L’istruzione
cattolica sarà ancora per le masse il grande e sublime interesse che
dominerà tutti gli altri; e il mondo tornerà a comprendere che la
religione è il primo dei beni per l’individuo, la famiglia, la
città, la nazione e per la razza umana tutta intera”
(Institutions liturgiques - seconda ediz., t. III cap. 1, pag.
13).
Guéranger, e con lui Pio X con la sua troppo mal citata
“partecipazione attiva”, volevano l'esatto contrario di quello
che si è fatto dal Concilio in poi. Nel post-concilio la liturgia è
stata trasformata per aderire alla vita degli uomini, la Chiesa nel
passato ha invece sempre desiderato che la vita degli uomini
prendesse forma dalla liturgia cattolica.
Non volevano un abbassamento della liturgia alla vita meramente
naturale degli uomini, ma volevano un innalzamento del popolo ai
sublimi misteri.
Cosa se ne fa un uomo di una liturgia che gli parla solo delle
sue speranze e delle sue fatiche, che gli parla del suo “senso
religioso”, ma che non gli parla mai del Cielo? E’ su questo
equivoco che tragicamente è fallito il Movimento Liturgico.
Occorre tornare a Guéranger e al vero San Pio X. Ma, a quando
questo ritorno?