Pubblichiamo il numero di Aprile 2015
di "Radicati nella fede"
IL PROTESTANTESIMO A META'
E' PROTESTANTESIMO
IL PROTESTANTESIMO A META' E' PROTESTANTESIMO
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIIII n° 4 - Aprile 2015
Si assiste ormai rassegnati al
vertiginoso calo delle vocazioni sacerdotali e alla relativa
diminuzione della presenza dei preti in mezzo a noi. Di giorno in
giorno aumentano le parrocchie senza più la presenza stabile del
sacerdote; anzi, diventano queste una rarità. Chiese e chiese
vengono ormai aperte sporadicamente per la celebrazione di qualche
santa messa, restando per la maggior parte dell'anno chiuse. E anche
quando, in qualche grande parrocchia, il sacerdote è ancora
residente, la sua effettiva presenza si assottiglia sempre più,
oberato com'è dal dover garantire un servizio ad innumerevoli
piccoli centri sparsi nei dintorni. In intere vallate di montagna non
vi abita più nemmeno un prete. Non c'è che dire, un quadro
sconfortante; malinconicamente sconfortante.
Qual è però il pericolo più grande?
A nostro parere è che la soluzione a tutto questo problema è
dettato da coloro che questo problema hanno causato e accelerato. Il
cristianesimo “protestantizzato” ha innescato il disastro decenni
fa' ed ora propone i rimedi!
Tutta la riforma liturgica degli anni
'60 e '70 aveva puntato sulla centralità della Parola di Dio. Aveva
voluto con forza (violenza?) una completa revisione della millenaria
liturgia cattolica, e l'aveva piegata alle necessità della nuova
ecclesiologia e della nuova pastorale.
Di una nuova ecclesiologia: la
Chiesa non più Corpo Mistico di Cristo, ma prevalentemente popolo di
Dio; l'accento non più sul sacramento dell'Ordine, sul Sacerdozio,
che costituisce la nervatura gerarchica della Chiesa, ma l'accento
sul battesimo, sul laicato che deve sempre più essere
corresponsabile dell'azione della Chiesa.
Da questa nuova ecclesiologia, che
poneva l'accento sulla comunità e non sull'unione con Dio in Gesù
Cristo, una assillante preoccupazione perché tutto fosse tradotto in
lingua parlata nella messa e nei sacramenti, affinché i fedeli non
si sentissero inferiori ai preti nella pubblica preghiera. I fedeli,
corresponsabili nella Chiesa con i preti, dovevano tutto subito
capire, per poter democraticamente governare la casa di Dio. Ecco
allora la strabordante importanza della Parola di Dio intesa
semplicemente come il leggere la Bibbia nelle messe; la libidinosa
creatività nelle liturgie della parola con laici lettori, fedeli
commentatori, gesti simbolici accompagnanti le letture, omelie
partecipate, logorroiche preghiere dei fedeli, seguite poi da una
veloce e scarna consacrazione che, ahimè dicevano i più illuminati,
restava ancora riservata al prete, perché noi cattolici non
arriviamo fino in fondo al protestantesimo. Ecco, potremmo spiegarci
cosi: da noi si è operato, nel post-concilio, un protestantesimo di
mezzo, che non arriva ad eliminare del tutto il prete, questo no, ma
che gli ha lasciato un angolino: la consacrazione. Ma anche questa
rigorosamente tradotta in lingua parlata, ad alta voce, con le parole
prese dalla Bibbia, perché i fedeli ascoltando possano ratificarla
con i loro amen. Eh sì, perché nella democratizzazione della Chiesa
l'assenso dei fedeli è importante: nel “mistero della fede” e
nella comunione il fedele dicendo il suo “sì” dà forza alla
Presenza di Cristo fatta dal sacerdote... è proprio un
protestantesimo a metà!
La rivoluzione liturgica così operata
avrebbe dovuto portare un nuovo slancio alla vita cristiana e alla
missione della Chiesa nella società. Da subito però ci si accorse
che stava producendo confusione. Si diede colpa al '68, alla
rivoluzione sociale e culturale che stava scoppiando nella società
proprio negli anni del dopo concilio. Si diceva che tutto si sarebbe
messo a posto, che dopo la confusione e gli errori di applicazione,
sarebbe venuta l'ora serena e feconda dell'edificazione. Ma quest'ora
non è mai arrivata!
L'ultimo tentativo in questa
prospettiva è del pontificato interrotto di Benedetto XVI, che ha
fortemente promosso un riequilibrio in senso tradizionale della
riforma; ma queste illusioni sono scomparse con le sue dimissioni.
Oggi la Chiesa si trova come un campo
il giorno successivo alla battaglia: un cumulo di ruderi, con i
cadaveri da seppellire. Non solo la società non è tornata
cristiana, ma non ci sono più preti per intraprendere una nuova
opera.
Cosa fanno i nipoti dei rivoluzionari
liturgici ed ecclesiali di decenni fa? Propongono di rimpiazzare le
messe con le liturgie della parola, animate dai laici, terminanti con
la comunione sacramentale! È la conclusione logica della più
disastrosa falsa riforma della Chiesa. E questo epigono, lo
annunciamo già con certezza, porterà a consumazione il disastro.
La malattia non può scacciare il
morbo, la peste non ferma la pestilenza, se non facendo morire
tutti... ma se fosse così che vittoria sarebbe?
In tutte le epoche di crisi, la Chiesa
non ha annacquato la sua identità per raggiungere tutti, no di
certo. Ha invece moltiplicato lo zelo perché i suoi preti siano più
preti e i suoi fedeli più cattolici.
Nel medioevo, che conobbe intorno al
mille una grande crisi, riunì i sacerdoti nelle pievi, fondò i
canonicati perché i ministri di Dio si santificassero in una vita
quasi monastica, purificò e rese sempre più splendida la sua
liturgia, moltiplicò la preghiera. In una parola, gettò le basi per
una rinascita poderosa delle vocazioni sacerdotali, cosciente che
senza prete non c'è Chiesa.
Leggendo in questi giorni la stampa,
che a caratteri cubitali scrive “Non ci sono più preti, la messa
la diranno i laici” tutti possono capire che si viaggia
imperterriti nel senso contrario alla vera riforma della Chiesa.
Certo la stampa esagera, i laici non farebbero la messa vera e
propria, leggerebbero le letture e darebbero la comunione: ma come
non vedere che questo è l'ultimo passo per la scomparsa della messa
in mezzo a noi. Già ci siamo abituati a fare a meno del prete per la
dottrina... i laici già ascoltano e interpretano liberamente i
Vescovi e il Papa, ci manca solo che facciano una pseudo-messa per
dichiarare inutile il sacerdote. Cosa penserà un seminarista,
miracolo vivente in questa Chiesa, leggendo un simile titolo sul
giornale? Non avrà il dubbio che la Chiesa non ha più bisogno di
lui?
In tutto questo scempio si ha il
segreto sospetto che i preti e i fedeli rieducati nello spirito della
nuova chiesa, quella del protestantesimo a metà, guardino alle
pseudo messe delle chiese senza preti come all'ultima opportunità
per completare quella riforma della chiesa che il Vaticano II aveva
lasciato a metà. Sì, vogliono una chiesa dove tutti sono
sacerdoti... dove Cristo nasce dal di dentro della coscienza del
singolo e dal di dentro della comunità; una chiesa dove Cristo non
scende più dall'alto, dove il prete è un retaggio del passato
destinato a scomparire o quasi: la fine del Cattolicesimo.
Noi continuiamo sempre più ad essere
convinti che non abbiamo sbagliato nel tornare decisamente alla messa
antica, che sicuramente non permette questa deriva. Oh se più preti
e fedeli lo capissero! Avrebbero qui la possibilità offerta da Dio
per una reale rinascita.
Ma quanto dovrà ancora accadere
perché i cuori e le menti siano liberate?