Pubblichiamo il numero di Maggio 2015
di "Radicati nella fede"
I MARTIRI
NON PIACEVANO AL DIALOGO
NON PIACEVANO AL DIALOGO
I MARTIRI NON PIACEVANO AL DIALOGO
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 5 - Maggio 2015
E siamo di nuovo in tempo di Martirio.
Ciò che sta accadendo ai cristiani in
Asia e in Africa ha riportato prepotentemente sulle nostre labbra la
parola “martirio”. Cristiani uccisi, e in massa, nelle maniere
più orrende, semplicemente perché cristiani; tutto questo ci fa
dire che è tornata l'era dei martiri.
Per la verità la Chiesa non è mai
uscita dal tempo del martirio. Gli studi pubblicati in occasione
dell'ultimo anno santo, quello del 2000, ci avevano già ricordato
che il numero dei martiri, in venti secoli di cristianesimo, è
enorme: circa 80 milioni! e dato ancora più impressionante, di
questi 80 milioni, circa la metà appartiene all'ultimo secolo
concluso, il '900!
Nonostante questi dati, noi cristiani
pasciuti d'occidente facciamo fatica, tanta fatica, a credere che la
Chiesa sia in perenne stato di martirio. Siamo stati abituati, dalla
scuola e dalla cultura laica, a pensare, piuttosto, che la Chiesa
debba chiedere perdono del suo passato violento e impositivo: è la
leggenda nera che dipinge la Sposa di Cristo come strumento di
potere. Per questo resistiamo nel vedere invece la verità, e cioè
che i cristiani nel mondo hanno sofferto e hanno continuato a versare
il proprio sangue per la fede.
A questo lavoro di disinformazione
fatto dalla cultura laicista, tendente a minimizzare se non a negare
il martirio dei cristiani, si è affiancata, in questi ultimi
decenni, la più grande impresa di depistaggio intellettuale,
operata, dentro la Chiesa, dai cattolici stessi. Dopo il Concilio
Vaticano II, la dittatura del Dialogo ha imposto il silenzio sul
fenomeno del Martirio: la Chiesa deve riconciliarsi col mondo moderno
e per questo non deve più parlare di chi muore per la fede. I
Martiri costituivano il più grande ingombro e inciampo per
quest'opera di trasformazione della Chiesa, che si è voluta
mondanizzare a tutti i costi .
Il concetto di martirio, secondo
questi emancipati cattolici moderni, appartiene a un passato ormai
superato; appartiene all'epoca della contrapposizione con il mondo, e
questo passato non deve tornare più. Secondo questi, e sono tanti,
c'è un modo più efficace per lavorare nel mondo come cristiani, più
efficace che quello di dare la vita unendo il proprio sangue a quello
di Cristo: c'è l'arma del comprendere le ragioni dell'avversario,
del parlare con lui, del dialogare con lui, per scoprire infine che,
in fondo, la si pensa allo stesso modo.
Tutto questo triste lavoro di rifiuto
del martirio e di sostituzione con l'ideologia del dialogo, ebbe
tragiche conseguenze negli anni '60 e '70: mentre i cristiani
dell'Est venivano eliminati o condotti ai lavori forzati nei gulag,
la Santa Sede privilegiava con la Ostpolitik i buoni rapporti con le
dittature marxiste, ricercando con esse un accordo possibile,
ritenendo erroneamente che il Comunismo fosse eterno. Fa parte di
questa vergogna la mancata condanna del Comunismo durante il Concilio
stesso: la storia arriverà a giudicare severamente questo meschino
cedimento ereticale.
Negli ultimi anni, l'imposizione del
silenzio sul fenomeno del martirio è stata comandata
dall'altrettanto dogmatico dialogo interreligioso: occorre stare in
pace con le altre religioni, non fare proselitismo, e dunque occorre
tacere sui cristiani uccisi.
Ma i fatti parlano oggi in nome di
Dio.
Si voleva una nuova era per la Chiesa,
l'era della serenità con il mondo a 360°, ed ecco che, invece, il
sangue dei cristiani crocifissi, sgozzati, bruciati, fucilati,
impiccati e lapidati è venuto a rompere l'ingannevole idillio.
Tutto questo dolore dei nostri
fratelli - per i quali non dobbiamo smettere di pregare, affinché
questa terribile prova sia loro abbreviata - è un potente richiamo
per noi cristiani, immersi nella più grande falsa ideologia della
storia, quella della Modernità.
La modernità, che rifiuta come
stoltezza Cristo crocifisso, ha portato dentro la Chiesa la mortale
illusione di poter separare la Resurrezione dalla Croce.
Si è voluto fare un nuovo
cristianesimo che pone l'accento sulla Vita nuova in Cristo,
dimenticando la sua Passione e Morte.
È vero, Cristo ha vinto la morte, è
risorto; è costituito Signore di tutto. È vero che questa vittoria
del Risorto è partecipata alla Chiesa e ai santi, ma occorre stare
attenti: questa vittoria, come spiega il grande père Calmel, “lungi
dal sopprimere la Croce e renderla inutile, si realizza soltanto
attraverso la Croce. Dicite in nationibus quia Deus regnavit a
ligno”. (R.T. Calmel, Per una teologia della storia, Borla 1967,
pag. 44).
E' proprio questa coscienza che è
mancata nella Chiesa degli ultimi tempi. Si è vissuto l'inganno di
pensare la Resurrezione come superante la Croce. Così si è fatta
una nuova chiesa che parla di vita e non di martirio; che parla di
aspirazioni umane e non di martirio; di dialogo col mondo e non di
martirio; di pace universale e non di martirio; di costruzione della
società terrena e non di martirio...
Anche per questo la presenza della
Chiesa si è sgretolata, e la vita dei cristiani è scivolata
nell'infedeltà profonda.
È stata una mortale illusione,
demoniaca. Un “sogno talvolta infantile e tenero, ma forse più
spesso vile e odioso, che fa sperare per la vita del cristiano una
fedeltà a Cristo senza tribolazioni e per l'avvenire della Chiesa un
fervore di santità che non dovrebbe più subire dall'esterno le
persecuzioni del mondo, né all'interno i tradimenti dei falsi
fratelli e talvolta del clero e dei prelati” (ibid. pag.44)
Da questa illusione ci sta svegliando
Dio con il dono di nuovi martiri, quelli del secolo XXI. Sono loro
che ci ricordano che fino all'ultimo giorno “possiamo rendere
testimonianza a Gesù soltanto immergendo la nostra veste nel sangue
di quell'Agnello Divino che ci ha amati e ci ha riscattati dai nostri
peccati. Non andremo a Lui senza attraversare il torrente della
grande tribolazione” (ibid. pag. 44)
Allora, non protestiamo soltanto delle
persecuzioni, come fanno i politici del mondo, ma lasciamoci educare
da Dio alla grazia del martirio.