Pubblichiamo il numero di Febbraio 2016
di "Radicati nella fede"
di "Radicati nella fede"
POVERI DELLA TRADIZIONE,
NON BORGHESI DELLA TRADIZIONE.
POVERI DELLA TRADIZIONE, NON BORGHESI DELLA TRADIZIONE.
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 2 - Febbraio 2016
Sapete bene quante volte, su questo
foglio di collegamento, abbiamo messo in guardia contro i pericoli
del modernismo. Quante volte abbiamo reagito contro la maldestra
modernizzazione della Chiesa, che sta ormai compiendosi nella più
acuta crisi che la Chiesa abbia mai conosciuto nella sua storia.
Abbiamo reagito, ne sentiamo tutto il
dovere; abbiamo detto di “no”; abbiamo detto di non accettare
questo stravolgimento della vita cristiana che si amplifica sotto i
nostri occhi.
È bene, però, ricordare che non
abbiamo fatto solo questo, e che non abbiamo fatto innanzitutto
questo: ci siamo prima preoccupati di assicurare tra noi una vita
stabilmente cristiana.
Sì, perché “essere contro” non
equivale a fare il cristianesimo. È un'illusione mortale quella di
pensare che essere contro qualcosa equivalga automaticamente a
costruirne l'alternativa.
Sarebbe per noi un gravissimo inganno
quello di pensare che basti reagire al modernismo teologico, al
pastoralismo ingannevole del post-concilio, alla mania di mettere al
passo con le ultime mode del mondo la vita cristiana, per vedere
sorgere un Cattolicesimo sano, secondo Tradizione.
Il père Emmanuel Andrè, di cui tanto
riferiamo sul nostro bollettino e che costituisce certamente uno dei
più fulgidi esempi sacerdotali nella Chiesa dei tempi moderni, disse
ai suoi monaci, difronte al dilagante Naturalismo: “Siate uomini di
Dio, siate uomini di reazione”.
Verissimo! Per essere di Dio, occorre
reagire contro il male dilagante. Occorre dire di “no” all'errore
che è in te, e al veleno che circola nel mondo.
Ma non basta dire di no, occorre
essere di Dio: “Siate uomini di Dio...”. La reazione, quella
sana, nasce solo dall' “essere di Dio”. Occorre preoccuparsi
dunque di fare il cristianesimo; l'interesse dev'essere concentrato
sul vivere una vita autenticamente cristiana, sul lavorare perché
molti abbiano i mezzi e la possibilità di “essere di Dio”.
Ci sono alcuni, in certo mondo
tradizionalista o conservatore, che sono permanentemente in reazione,
in perenne accusa, rischiando di esaurire i propri sforzi nello
scovare il male attorno a loro.
E quando reagiscono contro i cristiani
ammodernati, sembrano attendere il cattolicesimo vero dai
“modernisti” stessi, pretendendo da loro una conversione che
forse attenderanno invano.
No! Occorre fare il cristianesimo,
questo attende Dio da noi; per questo ci da la sua grazia.
Un grande benedettino, il Card.
Schuster, difronte alla grave crisi di qualche monastero, consigliava
di non perdere tempo nel tentare la sua riforma, ma di fondarne a
fianco un altro, dove regnassero l'osservanza della Regola di San
Benedetto e uno spirito autenticamente monastico: nel momento più
forte della crisi, questi nuovi monasteri osservanti sarebbero stati
l'anima della rinascita cristiana e monastica.
Così anche per noi: occorre
impiantare una vita veramente cristiana dove viviamo, attorno alla
Messa tradizionale, fonte di inaudite grazie. Occorre fare il
cristianesimo senza perdere nemmeno un minuto, là dove sacerdoti di
retta intenzione tornano ad assicurare la Tradizione, nei sacramenti
e nella dottrina. I preti, almeno quelli che hanno capito, hanno il
dovere di garantire la Tradizione, e i fedeli di riconoscerla e di
muoversi!
Ci resta da ricordare però un fatto
non secondario: per fare il cristianesimo occorre “dare la vita”.
Dare la vita, è questa l'obbedienza
vera che Dio attende da noi.
Dare la vita, cioè tutto, perché se
Dio non può chiederci tutto, vuol dire che per noi non è.
Questo dare tutto, va vissuto in una
coscienza limpida, unita ad una concretezza estrema, operativa.
L'impiantare il cristianesimo inizia
dalla grazia, cioè dall'altare del Signore: è dalla messa
cattolica, dal sacrificio di Cristo, che tutto ha vita, dottrina,
preghiera, opere, carità, cultura...
Per assicurare il culto e la vita
cattolica, secondo tradizione, occorre dare la vita: siamo disposti a
questo, o ci basta essere contro?
Se, improvvisamente, fosse data piena
libertà all'esperienza della Tradizione, se nella Chiesa ci fosse
data questa libertà totale, sorgerebbero questi luoghi di grazia
intorno all'altare grazie a noi? Oppure, questo miracolo di libertà
per la Tradizione ci troverebbe ancora impegnati ad assicurarci le
nostre libertà, i nostri umori alterni? Un siffatto miracolo non ci
coglierebbe forse preoccupati di garantirci ancora il nostro “tempo
libero”, come fa il resto del mondo?
Solo perché ogni Domenica, e
sottolineiamo ogni, ci sia la messa cantata, occorre che molti diano
la vita! Il prete che la celebra, l'organista che accompagna il
canto, la schola che sostiene la lode del popolo, i fedeli che
stabilmente si riferiscono a quella chiesa.
Vedete, la nuova liturgia, miseramente
ridotta, di fatto ha garantito, favorendole, le “libertà” e il
disimpegno dei fedeli. Sembra nata per intrattenere e non per fare il
cristianesimo.
Per fare il cristianesimo occorre non
essere liberali, ma uomini impegnati con Dio, consegnanti tutto a
Dio: solo i poveri, quelli veri, lo capiscono, non i “borghesi”
della tradizione.
Poveri sono quelli che non sperano la
salvezza da sé, dal proprio giudizio e azione. Poveri sono quelli
che si consegnano a Dio, disposti a dare tutto perché la Chiesa
Cattolica continui ad esserci.
Borghesi sono, invece, quelli
impegnati a salvare i propri spazi di libertà. Sono liberali
nell'anima; vogliono amare Dio, ma non consegnando tutto: loro si
illudono e la Chiesa scompare.
Che questa Quaresima ci insegni la
vera obbedienza al Signore.