Pubblichiamo il numero di Febbraio 2017
di "Radicati nella fede"
LA REAZIONE E LA RECRIMINAZIONE
LA REAZIONE E LA RECRIMINAZIONE
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno X n° 2 - Febbraio 2017
Gli anni passano, e passano veloci e
chi vive di recriminazioni resta senza nulla in mano.
Questo è vero per ogni cosa della
nostra vita umana, ma è vero e forse ancora di più per la vita di
fede, per la vita soprannaturale, la vita di grazia.
Non è vero per un motivo moralistico,
perché recriminare non è bene, non è bello; ma è vero per un
motivo strutturale, cioè morale: la vita di grazia non può stare
con la recriminazione, con il continuo lamento.
Con questo non vogliamo dire che non
si debba reagire al male e alla crisi: questo foglio di collegamento
è nato come reazione anche; per essere uomini di Dio occorre essere
anche uomini di reazione, occorre reagire; ma la reazione, quella
vera, è di natura diversa dalla recriminazione.
La reazione parte dal positivo di una
vita che si pone; la reazione difende un positivo che c'è già.
La recriminazione, che non è
reazione, parte dalla rabbia di chi aspetta da altri la soluzione dei
propri problemi. La recriminazione parte da un vuoto terribile.
Anche tra noi, nel mondo della
Tradizione per intenderci, passa questa linea di demarcazione tra
reazione e recriminazione.
Chi, in questi anni, ha fatto la
Tradizione, vive in pace e continua a fare un gran bene alla propria
anima e alla Chiesa tutta.
Chi, invece, in questo lavoro non è
mai partito, per timidità, per prudenza umana o peggio per calcolo
meschinamente umano, oggi vive di rabbia, colpevolizzando il sistema
per i propri passi non fatti.
Invece occorre avere una posizione
morale veramente equilibrata, cioè cattolica.
Ed è equilibrata, cioè vera, la
posizione morale che non dimentica nessuno dei fattori in gioco
nell'azione umana. Se dimentichi un fattore, diventi di fatto
eretico, perché l'eresia è di per sé uno squilibrio, una
sottolineatura indebita.
La vita cristiana è vita
soprannaturale, è vita di grazia, ma la grazia non annulla la tua
libertà, anzi chiede che la tua libertà si metta in gioco: tu devi
corrispondere alla grazia di Dio dentro un'azione reale, e non solo
cerebrale. In una parola semplice, la grazia di Dio ti dà la
capacità di operare il bene, tu poi devi operare il bene che Dio ti
dà la possibilità di riconoscere e operare.
Negare uno dei due fattori sarebbe
squilibrare il disegno di Dio, sarebbe uscire dalla realtà.
Non siamo Protestanti, sottolineando
la grazia di Dio e basta: fanno così quei tradizionali che guardano
al valore della Tradizione, e questo è giusto, ma che poi,
fermandosi alla pura contemplazione, non agiscono di conseguenza. Non
operano scelte concrete, che sono costose, perché la Tradizione
diventi una vita reale per loro.
Eh sì! perché se è vero che nella
vita personale non si puo' sottolineare unicamente la Grazia di Dio
che salva, dimenticando che da parte nostra deve corrispondere alla
Grazia un’azione positiva reale – non ci si salva senza le opere,
come ci ricorda san Giacomo nella sua lettera e come ribadisce tutta
la Rivelazione e la Tradizione della Chiesa contro la pretesa
protestante del sola gratia - se è vero questo per la vita
personale, lo è altrettanto per la vita della Chiesa tutta, nel suo
aspetto pubblico e sociale; e questo è vero anche per il ritorno
della Chiesa alla sua salvifica Tradizione: che senso avrebbe essere
giustamente anti-protestanti e poi attendere che la riforma
anti-modernista della Chiesa piova dal cielo senza che tu abbia fatto
nulla? E il fare non consiste in un recriminare o in un parlare della
Tradizione, ma consiste nel porre opere concrete perché la
Tradizione viva: prima tra tutte nel celebrare nel vetus ordo e
nell’assistere alla Messa di sempre.
Non siamo nemmeno Liberali, pensando
che la grazia possa agire in noi senza limitare le nostre libertà
personali (nei liberali le libertà personali prevalgono sempre sulle
scelte definitive): che senso avrebbe, anche qui, volere la
Tradizione nella Chiesa e non decidersi nell’operare concretamente
a favore di essa al fine di restare liberi nei movimenti personali?
Quanti “tradizionalisti” rischiano di fare così!
Siamo cattolici: ci salviamo se
corrispondiamo alla grazia, concretamente, se facciamo il bene, non
se lo guardiamo da lontano.
Così siamo Tradizionali, cioè
Cattolici secondo l'assioma di Pio X, se facciamo la Tradizione
concretamente, fino in fondo, espletando tutte le possibilità
concrete che ci sono date, fino al sacrificio di noi stessi; non lo
siamo, invece, se ci limitiamo a commentare da lontano la situazione
disastrosa della Chiesa, anche se lo facciamo secondo idee
tradizionali.
La fede senza le opere è morta,
sempre, anche nella Tradizione... sia questo il richiamo che segni il
nostro passo.