Pubblichiamo il numero di Ottobre 2018
di "Radicati nella fede"
L'ERMENEUTICA
IMPEDISCE IL GIUDIZIO
IMPEDISCE IL GIUDIZIO
L'ERMENEUTICA IMPEDISCE IL GIUDIZIO
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XI n° 10 - Ottobre 2018
Viviamo ormai da tanti, troppi
decenni, in un tempo di riforma perenne della Chiesa.
Non sapremmo nemmeno più definirla,
la Chiesa, se non dentro un continuo ed estenuante cambiamento: “chi
si ferma è perduto” sembra ironicamente diventato il nuovo e
onnicomprensivo comandamento.
Una riforma a tutti i suoi livelli e
sotto tutti gli aspetti fu invocata e attuata perché, dicevano, la
Chiesa potesse venire in contatto con la società degli uomini in
perenne mutamento; perché potesse venire in contatto con essa in
modo più libero e puro.
La riforma fu chiesta e poi
propagandata per motivi “pastorali”, perché la Chiesa non
continuasse ad emarginarsi in un rifiuto della modernità.
È dentro questa urgenza
pratico-pastorale che i più si convinsero che bisognasse accettare
tutta una serie di riforme-rivoluzioni che, a partire dalla Messa,
dovevano mutare completamente il volto della Chiesa di due millenni.
Non è vero che le riforme, queste
riforme, fossero attese. Il mondo cattolico ha avuto sempre una
“santa pigrizia” nel non cambiare troppo e per secoli
l'immutabilità fu insegnata come una delle più importanti
caratteristiche della vera Chiesa.
Ma occorreva non perdere il mondo che
stava diventando liberale, agnostico e poi socialista; bisognava
inoltre non perdere i “fratelli separati” che, nel mentre,
distaccati da secoli da una Roma troppo conservatrice, avevano
prodotto in tutta libertà tutta una serie di riforme che forse
potevano, almeno in parte, essere recepite e valorizzate.
Occorreva cambiare, cambiare... era il
mantra ossessivamente ripetuto da più parti cosicché anche i
“devoti” non trovarono più le ragioni e la forza per dire di no
a quello che apparve subito come uno sconquassamento generale della
vita cattolica.
Il mondo laico ne fu stupito e
meravigliato, acclamò alla nuova chiesa che finalmente entrava a far
parte del mondo delle rivoluzioni.
Così i preti, piangendo alcuni,
faticando e pasticciando molti, lieti pochi, mutarono la Messa della
loro ordinazione, la Messa dei preti di tutta la cristianità, e
diedero inizio alla nuova e mai vista avventura della fondazione di
un nuovo tipo di cristianesimo.
Tutto fu chiesto in nome del dialogo
col mondo, che doveva finalmente incontrare una chiesa dal volto
umano. Forse perché la Chiesa di un tempo non lo aveva avuto questo
volto umano? I santi di secoli non avevano avuto un volto umano? Le
nostre semplici comunità parrocchiali, quelle delle grandi città e
quelle dei borghi agricoli o montani, non erano forse state famiglie
umane? Certo che erano umane, anzi umanissime... ed ora in molti
iniziano a rimpiangere quella umanità! Ma tutto questo non bastava
ai soliti irrequieti dell'evoluzione sociale.
Bisognava accettare di cambiare per
aiutare il mondo ad incontrare Cristo, cosi dicevano i devoti
guadagnati alla riforma... così fu detto, solo che in nome
dell'incontro con il mondo la Chiesa finì per vergognarsi di Cristo.
“L’umanesimo laico profano alla
fine è apparso nella terribile statura ed ha, in un certo senso,
sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto uomo si è
incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa
Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? poteva
essere, ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stata
il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa
lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani (e tanto maggiori
sono, quanto più grande si fa il figlio della terra) ha assorbito
l’attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito di questo almeno,
voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose
supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi
più di tutti, siamo i cultori dell’uomo” (Paolo VI,
7.12.1965)...
questo fu il programma, più
intellettuale che reale... ma ora, a cinquant'anni di distanza,
abbiamo il dovere di valutarne gli esiti disastrosi!
Possiamo chiedere ai pastori della
Chiesa che considerino il clima di morte regnante nel mondo
cattolico? Eresia, banalità ereticali, immoralità sistematica,
spegnimento di ogni entusiasmo, clero cattolico in via di estinzione,
laicizzazione agnostica del laicato cattolico, aborto normalizzato,
eutanasia praticata di fatto, unioni contro natura di fatto benedette
da una chiesa che tace, scomparsa del matrimonio cristiano,
denatalità spaventosa, ogni genere di vizio ammesso e compreso in
nome di un umanesimo ritrovato: erano questi gli esiti attesi dai
“cultori dell'uomo”?
Possiamo chiedere ai legittimi pastori
di guardare la realtà e di dire una parola che non sia la cura di
una chiesa intesa come una azienda da gestire?
Sembra di sentire le risposte di
alcuni di loro, i più “impegnati”: “è troppo presto per
giudicare un fenomeno così complesso e recente”.
Sì, è la nuova trovata per sottrarsi
ad una verifica, che nel caso della nuova chiesa finirebbe per essere
senza dubbio impietosa.
Fanno così i pastori ammodernati,
simili a degli agenti di cambio nei loro uffici, più politici che
credenti, dicono che non si può ancora dare un giudizio, perché
devono passare secoli per una verifica seria! Intanto i cristiani
muoiono.
I cristiani muoiono, mentre i pastori
sono preoccupati dell'unità delle diocesi, cioè che tutti dicano di
sì... ma sì a che cosa, se non al nulla, visto che Cristo in quello
che chiedono o non si trova, o è perso in mille mediazioni?
Si sono ostinati i novatori, che non
amavano più la Chiesa com'era perché non capivano più Cristo e la
sua Grazia – non capivano e si tediavano della vita cattolica –
si sono ostinati a pretendere il cambiamento e hanno convinto i
timidi “devoti”.
Ora gli stessi hanno inventato
l'ermeneutica ecclesiasticamente intesa, per sottrarsi al giudizio, a
quel giudizio che è la caratteristica del cristiano: “L'uomo
spirituale giudica ogni cosa e non è giudicato da nessuno” (I Cor
2,15).
Hanno cavalcato l'ermeneutica e
l'hanno ecclesiasticizzata: “è la distanza che crea
significato...” ...per interpretare la riforma della Chiesa
bisognerà attendere secoli, solo ora iniziamo a capire Lutero,
dicono con sfacciataggine!
Invece noi chiediamo un giudizio
subito, che parta dalla realtà, che parta da Cristo. Dobbiamo
pretenderla la verifica, senza attendere secoli perché, se siamo
cultori dell'uomo, sappiamo che l'uomo vive solo di Cristo.
Dobbiamo pretenderlo tutto questo
perché le anime vivano della Grazia e la Chiesa torni al suo volto
divino, cioè umano.